Il barrio di Sarrià

Qualunque luogo famoso deve tala fama in gran parte agli stereotipi che con il tempo hanno contribuito a far girare il suo nome nel mondo. Questo è non solo un peccato per gli autoctoni che spesso si ritrovano presi in giro per cose che non fanno, ma lo è anche per i turisti, i quali rischiano di vivere un’esperienza distorta e per nulla autentica del luogo eletto per le tanto attese vacanze.

Quando si pensa a Barcellona, cosa viene subito in mente? Il mare (c’è il mare vero a Barcellona?), il divertimento (chissà poi bene dove), la paella e la sangria (perchè siamo in Spagna quindi si mangia per forza quello), Gaudi’ (un artista ovviamente! Poi di che tipo rimane imprecisato…), Picasso e ovviamente le Rabla (o la Rambla, anzi no les Ramblas ).

A dire il vero io dopo 3 mesi che vivo qui, ancora mi perdo e faccio gli stessi ragionamenti nebulosi quando mi metto in testa di visitare una città famosa: inevitabilmente finisco con l’affidarmi a internet o alle guide turistiche per cercare di capire “cosa assolutamente non si può perdere se si va li”. Quello che provo è semplice dispiacere per questa prassi molto comune, soprattutto tra noi italiani, di fare troppo i turisti e troppo poco i viaggiatori.

Per questo vorre iniziare questa sorta di rubrica intitolata Quello che di Barcellona non dicono …”, sperando di riuscire a trasmettere anche solo un quarto della meraviglia che mi suscitano le bellezze inaspettate che si possono incontrare in questa città.

Il barrio di Sarrià è un quartiere situato a nord della Diagonal, la strada che divide in due Barcellona. Sarrià sembra come un piccolo paese che un bel giorno si è ritrovato parte di una realtà più grande, con cui solo scambia un cortese saluto da vicini di casa e nulla di più: la sua bellezza è proprio quella di aver conservato la sua unicità e questo lo si respira in ogni vicolo, ad ogni passo. Sarrià è in salita, fattore decisivo per comprendere la spettacolarità dei suoi scorci, sia da un punto di vista dal basso all’alto, sia dall’alto al basso. Per lo stesso motivo la gente a Sarrià è sempre o molto veloce o molto lenta, a seconda che si stia lasciando condurre dalla discesa o che stia con calma risalendo fino in cima. A Sarrià ci sono tanti papà che vanno a prendere le figlie a scuola, tanti cagnoloni ammirati dai bambini mentre aspettano il padrone fuori da un caffè, tanti negozi che vendono frutta e verdura di stagione cosi’ bella che per non rovinarla non vorresti mangiarla, tante signore con già una baguette in mano che la comprano lo stesso, tante mamme che raccontano storie in catalano, ma sopratutto tanti tanti tanti italiani. Perchè Sarrià è la nostra Chinatown, colonia italiana che assume sempre più i connotati del Bel Paese mano a mano che ci si addentra nelle sue vie. A Sarrià nei bar puoi chiedere un “mini cappuccino” (scritto proprio con due p e con due c), puoi ordinare una piadina romagnola con crescenza e crudo, puoi abituare le tue orecchie a conversazioni in un perfetto italiano nativo.

Quello che stupisce è che tutto ciò non stona, ed è anzi parte di un grazioso dipinto di vita quotidiana, quella bella che ti fa sentire un po’ a casa. Lontano dai rumori della città e dai suoi stereotipi turistici, il barrio di Sarrià accoglie a braccia aperte lo stupore del viandante, il quale in tale cornice non può fare altro che rilassarsi, godersi il chiacchiericcio vitale della gente, mentre assapora due castagne calde o, perchè no, un bel moniato (cosi’ chiamano la nostra patata dolce) alla brace come merenda. In quel momento forse anche a lui, come a me, sovverrá la curiositá di conoscere la storia unica dei suoi abitanti.

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