About | La città nascosta

Siamo nati da un’esperienza di vita all’estero di una ragazza con la memoria breve e i sogni lunghi. Per non dimenticarsi le cose belle che stava vivendo, ha iniziato a scriverle e ha finito per coinvolgere altre penne creative. Oggi siamo diventati un blog multi-autore che racconta i luoghi con autenticità. I nostri articoli vogliono farti viaggiare con le gambe e con la fantasia, per assaporare la vita come piace a noi. È così che scoprirai ogni volta una città nascosta.


I nostri preferiti | La città nascosta

Le città

Italia, Europa o Oltreoceano. Ti facciamo scoprire i lati più interessanti delle città del mondo.

Il cibo

Per entrare in sintonia con un luogo, lo assaggiamo. Come si fa? Chiedi alla nostra Food Expert.

Il lavoro

Scoviamo progetti e opportunità irrinunciabili, per i giovani e per tutti. E te li raccontiamo.

Le collaborazioni

Ci illuminiamo quando riceviamo nuove storie o proposte di collaborazione di valore.


I nostri valori | La città nascosta

Libertà

I nostri autori e collaboratori si sentono liberi di esprimersi. E puoi farlo anche tu.

Autenticità

In un mondo digitale basato sull’#adv, noi scegliamo di scrivere solo quello che ci passa per la testa. Tuttavia, se vuoi invitarci a cena o a visitare un posto fighissimo, abbiamo già la valigia pronta.

Creatività

Sì, tutto quello che leggi nei nostri articoli è ingenuamente genuino. È questo che ci permette di farci venire sempre nuove idee.

Inclusione

Crediamo nel potere delle connessioni. Ci piace pensare di avere tanti amici nascosti per il mondo, anche quelli che ancora non lo sanno.

Determinazione

Siamo nati nel 2015 da una passione e da allora non ci siamo mai fermati. Il nostro obiettivo è dire ai sognatori che sono le persone più coraggiose che conosciamo.

Positività

Non ci piace screditare gli altri, per questo quando non ci piace qualcosa… semplicemente non ne parliamo. Certo, qualche volta ci arrabbiamo se le cose non vanno come dovrebbero. Ci aiuti a cambiarle?

San Pietro dal buco della serratura

Roma si è fermata. Nessuno di noi lo avrebbe mai creduto possibile. Le strade si sono svuotate, i telefoni hanno cominciato a suonare raramente e ricevevamo poche mail. Abbiamo resistito qualche giorno ma nulla era più come prima, al bar si entrava scaglionati e a distanza, abbiamo annullato tutte le riunioni e smesso di aprire la porta a chiunque. Poi ci hanno detto di stare a casa, ho salutato il portiere dello stabile dove c’è il mio ufficio con una finta allegria, dentro me speravo di rivederlo presto in salute. La quarantena mi ha rallentata, per fare una cosa impiego il triplo del tempo, non sono attenta e dimentico in continuazione le cose. Rispetto a prima ho un po’ più di tempo per allenarmi o leggere un libro ma nonostante dorma molto mi sento sempre stanca. Il silenzio di Roma è assordante , spezzato solo dai canti dal balcone e dal suono delle campane della chiesa di quartiere. Noi ci siamo fermati ma il mondo è andato avanti. La natura si sta riprendendo i suoi spazi, le anatre fanno il bagno nella Fontana della Barcaccia a Piazza di Spagna e gli animali ripopolano boschi e parchi. Spero che useremo questo tempo per guardare a fondo nella nostra vita e tornare al mondo senza fretta, rispettando la natura e smettendola di rincorrere un cieco consumismo che ci ha reso biechi, avidi e arroganti. Stavamo andando troppo di fretta, dovevamo fermarci. Ora che siamo obbligati a farlo riprendiamoci il tempo e costruiamo un mondo migliore.

Giovanna M.

Questa storia è stata scritta prima delle più recenti disposizioni sulla quarantena.

Sento dentro di me una sorta di angoscia, uno stato di apnea emotiva.
Ricevo tante notizie, troppe, piene di parole e numeri e cifre spaventose. Alcune vere, altre false, non riesco a riconoscere la differenza e questo mi manda in panico. Spengo il telefono, tolgo addirittura internet. Voglio disintossicarmi. Passa un’ambulanza. Oggi le ho contate: 15.

Lavoro come babysitter e, nonostante vorrei restare sotto le coperte tutto il giorno, non posso lasciare sola la famiglia. I genitori lavorano, la madre è una dottoressa all’ospedale di Piacenza. Ogni giorno torna con un nuovo comunicato: “35 nuovi contagiati. 5 morti”. “Oggi 6 morti, uno giovane”.


È un bollettino di guerra che accresce il mio stato di ansia, ma capisco anche che sia un modo, per lei, di sfogarsi. Ogni volta che sento un’ambulanza, penso a quei numeri. Persone, non numeri. Persone che
stanno male, che sono spaventate, che piangono e tremano.

Sorrido di me stessa, sono catastrofista in questo periodo. È strano, in effetti. Sono una persona solare, positiva, ottimista per natura. Ma questo periodo mi sta mettendo a dura prova. Sarà perché sono qui da sola?! Il mio compagno è via per lavoro, ma anche se fosse qui mi direbbe che è inutile preoccuparsi e si sa, queste frasi non sono mai d’aiuto. I miei suoceri sono ancora al mare e ci resteranno fino a fine mese. I miei genitori abitano altrove, ci separa la zona rossa e non riusciamo a vederci. Non che li vedessi molto, prima di tutto questo, ma ora che so di non poterli vedere, non penso altro che a loro.

Un’altra ambulanza. Un’altra fitta. Passerà, andrà tutto bene. Me lo ripeto come un mantra da ormai due settimane. Cammino verso casa, la gente è di fretta, si scosta, non ti guarda. Se osi tossire, semini il panico. Qualcuno
ha la mascherina, qualcuno fuma una sigaretta inspirando a pieni polmoni, passa un uomo schivandomi mentre fa jogging. Mi chiedo chi dei tre sia il più folle.

La città si divide tra chi se ne frega e chi è in panico, io mi sento nel limbo. Nemmeno in questo caso trovo il modo di sbilanciarmi. Arrivo nel mio quartiere, di solito sempre trafficato, sempre pieno di voci e risate di bambini nel parco. Oggi c’è il silenzio. Nemmeno il cane dei vicini abbaia, oggi.

Apro la porta e mi accoglie la mia gatta rotolandosi tra i miei piedi. La accarezzo e butto la faccia nel suo pelo lungo. Guardo la finestra della sala, illuminata di rosa e arancione: segno che fuori c’è il tramonto. Butto la giacca e le scarpe in un angolo. Un brivido freddo mi scorre nelle vene. Mi guardo intorno e inspirando a pieni polmoni ritrovo il mio equilibrio: sono a casa.

Chiara B.

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