Barcellona in bicicletta

Mi sono comprata una bici. Avere un proprio mezzo di trasporto è sempre stato per me simbolo di autonomia e motivo di fierezza. Uno dei miei sogni più grandi è quello di possedere un’auto tutta mia e comprarla nuova in modo da poterla tenere come voglio io e soprattutto poter scegliere il suo colore. Intanto ringrazio la mamma per avermi permesso di guidare per anni la mitica pandina dal colorino indefinito (ovviamente scelto da me) a metà tra il “tortora morta” e l’oro metallizzato (diciamo di come ti appare in una stanza non troppo illuminata). A me piaceva per il semplice fatto che sapevo che tutti avrebbero avuto una panda (perchè, diciamocelo, sarà bruttina ma è la macchina più comoda del mondo) ma nessuno l’avrebbe mai scelta di quel colore.

Insomma mi sono comprata una bici su Vibbo (ma c’è anche Wallapop, che qui tutti conoscono) e l’ho pagata 30 euro (ok, ora vi lascio un po’ di tempo per tornare a cliccare sui links). Non sto scherzando, ho trovato un privato che mi ha venduto la sua super-scassissima (ma ancora funzionante) mountain bike infangata e io me la sono andata a prendere a casa sua, ci ho fatto un giro per provarla e infine ho deciso che sarebbe stata la salvezza del mio portafoglio, facendomi risparmiare 50euro di T-mes (l’abbonamento mensile dei mezzi pubblici di Barcellona).

Parentesi turistica: una corsa singola su un mezzo pubblico, quale metro, tram o bus, a Barcellona costa la bellezza di 2 euro e 30 centesimi (nel momento in cui scrivo, perchè magari tra un minuto sarà già aumentato) … ovvero una follia. Quello che sempre consiglio a parenti e amici è quello di comprare un T-10, ossia un carnet da 10 corse (in realtà si può cambiare mezzo con lo stesso biglietto se fatto in un certo arco di tempo) che costa meno di 10 euro. Tuttavia, se volete proprio che ve la dica tutta, fatevi il piacere di andare a piedi 🙂 Vi assicuro che è un regalo che sia la vostra salute (ok, gambe e piedi magari faranno qualche storia all’inizio) ma soprattutto i vostri occhi apprezzeranno. Barcellona è una città a portata d’uomo ed è bello potersi rendere conto di quanto tutto sia così vicino e così diverso allo stesso tempo. E poi sinceramente ammetto che la metro sia molto efficiente, ma si muore di caldo là sotto. Spesso mi imbatto in ragazze sdraiate su una panchina, con le gambe all’aria, mentre qualche buon’anima le aiuta offrendole dell’acqua fresca. Poverine … per fortuna che la gente sembra sempre piuttosto ragionevole e disponibile, anche quella che incontri sull’ultima corsa della mezzanotte durante la settimana, oppure di notte nel weekend (la metro sta aperta fino alle 2 di notte il venerdi e h24 il sabato!). In alternativa esiste il servizio di bicing, che costa circa 50 euro all’anno e ti permette di effettuare tragitti fino 30 minuti (dopodichè devi trovare un’altra stazione e cambiare bicicletta, oppure paghi un costo aggiuntivo per i seguenti 30 minuti). Il servizio è piuttosto efficiente: il ricambio di biciclette avviene con regolarità in modo che le stazioni non siano mai vuote ed esiste una pratica app per visualizzare la stazione più vicina. Nonostante ciò, spesso capita di non trovare una bicicletta “al primo colpo” e, a mio parere, la questione più scomoda è il non poter arrivare esattamente a destinazione, ma sempre un po’ distante.

Per queste ragioni, unite al fatto che sono povera, mi sono trovata qualcosa da fare nei miei pomeriggi, uno di quei qualcosa che comporta uno spostamento da una parte all’altra parte della città.

Dopotutto cosa c’è di meglio di fare sport gratis? Sono davvero fortunata che la meta quotidiana dei miei pomeriggi sia in cima a una collina e che quindi io possa “farmi i muscoli” delle gambe ogni giorno di più. Ma la parte più bella è sudare. Si, sudare! Eliminare le tossine, sentirsi attivi … anche quando ti rendi conto che la tua mente regredisce ai bisogni primari e che il tuo unico desiderio sarebbe quello di bere un goccio d’acqua … e invece no! Non puoi, perchè tu hai deciso di dimenticarti la dannatissima bottiglietta a casa. E quindi arrivi tutta bella pezzata davanti alla scuola più “inn” della città, con mamme alte, snelle e ben vestite che ti guardano dall’alto al basso mentre con calma prendono per mano i loro bambini e passeggiano verso casa lentamente, perchè indossano i tacchi. E tu sei lì, con il fiatone e uno sguardo da panico perchè sei arrivata in ritardo di 5 minuti e hai paura che la bambina sia già andata via da sola. In quel momento la tua mente è un turbine di pensieri che si assomigliano molto, ma che fanno a gara per prendere la priorità nella tua testa e per questo si ripetono con tanta rapidità: “Avrà attraversato la strada da sola?”, “L’avranno investita?”, “Starà piangendo?”, “Cosa dirà sua mamma quando lo scopre?” e a seguire una serie di pesanti accuse contro me stessa per essere stata tanto lenta, tanto stupida da non saper calcolare i tempi, tanto egoista perchè ho fatto una pausa pranzo troppo lunga, tanto … tanto che Ada è già arrivata.

La vedo correre tutta ansimante e un po’ barcollante, con lo zaino super-pesante appeso alle spalle, l’altro zaino dello sport mezzo trascinato per un lato, un sacchetto di plastica con dentro materiale indefinito, il tappetino per fare ginnastica sotto il braccio (prima di raggiungermi le cade almeno tre volte) e due gambine sottili ma forti che trasportano tutto quel peso da sole, poco importa se le calze blu della divisa sono una su e una giù. “Ciao Barbara, scusami tanto del ritardo!” mi dice lei e io non posso fare a meno che sorridere. Le prendo lo zaino più pesante e il tappetino, afferro la bici e ci incamminiamo insieme verso la nostra destinazione, mentre parliamo una lingua strana, con un po’ di parole a caso, ma di certo piena di contenuto perchè non mi stupisco mai abbastanza di quanto sia speciale la vita di un bambino.

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