Quello che di Barcellona non dicono

Ho conosciuto il mio ragazzo credo più o meno 8 anni fa, quando di anni, sempre piú o meno, ne avevo 18 e quando ancora non sapevo che sarebbe diventato, in un futuro non poi cosi vicino, il mio ragazzo. Da allora abbiamo vissuto vite parallele, ciascuno la sua, con le sue esperienze e le sue routine. Sapevo chi era, all’incirca cosa faceva, e ogni tanto lo incontravo in giro per la nostra piccola città. Mi sembrava un ragazzo tranquillo, gentile, allegro e studioso. Mi dicevano, a dire il vero, che fosse molto intelligente, che nel suo campo di studi avesse una marcia in più. Un giorno mi informarono che se n’era andato a Barcellona a studiare e che vi sarebbe rimasto due anni. Che strano, pensai, non l’avrei mai detto!

Quei due anni passarono lenti, felici, poi tristi, poi intensi. Mi legai alle mie amiche come non mai, grata di avere al mio fianco persone così speciali. Mi feci più forte, indipendente, sicura. Sapevo quello che non volevo, credevo di sapere quello che volevo.
Una notte, era il 4 luglio, tornavo in bicicletta dalla fiera del patrono, respirando l’aria fresca di quell’ora perfetta per avere un po’ di tregua dall’umido caldo estivo della Pianura Padana. Lo incontrai insieme agli amici e mi fermai con piacere a fare due battute con loro.
Era cambiato. Era diverso. Nei suoi occhi lessi un velo di tristezza, sotto il quale si nascondevano un mare di esperienze. Ero incuriosita da quel cambiamento tanto affascinante: così sottile da non poterlo categorizzare, così forte da incidere sul suo atteggiamento.

Anni dopo, quando mi portó a Barcellona, avevo fatto la scorta di racconti di luoghi, persone, aneddoti. Finalmente conobbi i suoi “vecchi” amici e il posto dove accadde questo e quest’altro. Era bello, ma quei ricordi non erano miei. Capivo ma in un certo senso non capivo, perché quella era la sua vita.

In questi mesi insieme abbiamo conosciuto persone nuove, posti nuovi, situazioni nuove … e lui ha potuto fare rivivere i suoi ricordi, in un modo diverso. Quello che è rimasto uguale è la forza di questa città, qualcosa che non puoi capire dopo un semplice racconto. Parlo di qualcosa che va al di là del sole, del mare e del divertimento. Qualcosa che va al di là del cibo e della musica. Qualcosa che è alla base di queste cose e che le include tutte in un grande abbraccio: i sogni delle persone.

Oggi sono stata tutto il giorno con loro, persone dai sogni grandi che hanno portato fino a qua, a Barcellona. Persone che non hanno timore a raccontarsi e che ti sanno ascoltare. Persone che sanno cosa vuol dire. Persone che vogliono che sia una bella giornata e fanno di tutto perché sia così. Queste persone non sono le stesse con cui lui ha vissuto, ma sono quelle che lo hanno trasformato. Lui ha avuto le sue persone speciali e ha fatto in modo che anch’io trovassi le mie. Solo oggi che sono sola, per la prima volta per davvero, capisco la bellezza di quello che deve aver provato. Oggi che sono sola capisco la bellezza della mia storia, come quella di Chiara, di Martina, di Carlotta, di Paola.

Perché una città è fatta di luoghi, ma specialmente è fatta di persone.

Un pensiero su “Quello che di Barcellona non dicono

  1. giuliacalli ha detto:

    Uno dei post più belli che abbia mai letto su cosa vuol dire vivere Barcellona.
    “Persone che non hanno timore a raccontarsi e che ti sanno ascoltare. Persone che sanno cosa vuol dire. Persone che vogliono che sia una bella giornata e fanno di tutto perché sia così. ”
    È esattamente la stessa sensazione di potenza che ho sperimentato anche io durante i miei anni a Barcellona, con il mio circolo di amici e di persone conosciute per caso. È un potere della città, o forse semplicemente della cultura catalana-melting-pottata, che accoglie tutti con i suoi sogni e voglia di pasarsela bien… Peccato veramente per chi non riesce a cogliere tutto questo dietro lo strato appiccicoso di divertimento superficiale per turisti in visita lampo.

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