Un lato di Barcellona di cui non è mai bello parlare è la grande povertà che si incontra ad ogni ora del giorno e della notte nelle sue strade. Non si tratta di una Barcellona nascosta, bensì di un aspetto della città ben visibile da tutti, cittadini e turisti, spesso dimenticato, lasciato in disparte, nota stonata in un luogo dove si cerca sempre di evidenziare la spensieratezza, le feste e il divertimento.
Personalmente amo Barcellona proprio perché è una città che rincorre la felicità, la scova in ogni angolo e la mantiene viva, onorandola del valore che le spetta. Allo stesso tempo vedo nella città le contraddizioni tipiche di qualsiasi centro urbanizzato contemporaneo, grande o piccolo che sia, e nonostante sia un posto molto più tranquillo di molte altre città europee, non nego che una volta, una sola, mi capitò di avere paura persino qui.
Circa un mese fa accettai l’invito a dare una mano in una mensa per i poveri situata nel cuore di Barcellona, pur essendo piuttosto scettica riguardo a ciò a cui andassi incontro. In passato avevo già avuto a che fare con associazioni di volontariato che ostentano una qualche buona causa, ma che in realtà sono delle micro-imprese con lo spirito di carità che diminuisce quanto più cresce l’ambizione a lucrare sull’attività in questione. Quando arrivai all’appuntamento nella Rambla mi accolse un ragazzo di nome Juan con un’amica e trovai subito tutto molto semplice: li accompagnai a fare una piccola spesa costituita da prosciutto e formaggio, latte e caffè solubile e li seguii fino al Comedor Social situato in Carrer d’en Robador, una trasversale di Carrer de l’Hospital, nel mezzo del Raval. Fuori dall’entrata gente di strada aspettava l’arrivo dei ragazzi, che salutarono calorosamente proprio come si fa tra amici. Entrammo insieme a loro: clochards, prostitute, gente che vive tutti i giorni per strada perché non ha un tetto sotto cui stare. La sala della mensa era vuota ma piano piano ciascuno di loro iniziò a posizionare le sedie impilate ai lati della grande stanza in file estremamente ordinate, per poi sedervisi sopra e aspettare. Non mancarono schiamazzi, chiacchiere a volte un po’ confuse e un mix di odori piuttosto forti, ma tutto nella paziente calma di chi rispetta le persone che ti stanno per aiutare. Nel frattempo nella cucina io e altri volontari lavoravamo senza sosta: chi tagliava il pane appena comprato in una vicina panetteria, chi sistemava le brioches avanzate da alcuni bar che gentilmente le avevano fornite, chi versava una decina di litri di latte in una grande pentola messa sul fuoco.
Dalle 8:30 alle 10:00 del mattino circa una decina di volontari si impegnano ogni giorno ad organizzare el desayuno per gli ospiti del Comedor, mentre Juan, pastore protestante, intrattiene gli avventori seduti nella sala dando una parola in nome di Dio, attraverso video, musica, attività semplici. La bellezza di questo posto è la totale gratuità dei gesti: la famiglia di Juan finanzia totalmente l’organizzazione, comprando il cibo e tutto il materiale necessario e donandolo a chiunque ne abbia bisogno, qualunque sia la religione, la provenienza, il carattere, la storia di appartenenza. Basti pensare all’attenzione riposta nelle persone musulmane: per loro vengono preparati speciali panini con olio e formaggio, in alternativa ai salumi.
Così alle 9 del mattino servimmo la colazione a 60 sconosciuti con tanta fame, ma anche tanta voglia di raccontarsi e di sorridere. Alla fine della mattinata, verso le 10, ero stanca e felice. Il padre di Juan, anch’egli pastore, mi raccontò che spesso arrivano ad avere anche 90 ospiti e il cibo non basta per tutti, tanto da dover uscire a comprare altro pane e altro latte. Mi disse anche che due anni prima, quando tutto iniziò, non fu affatto facile: mancavano le risorse e l’organizzazione era scarsa, infatti gli ospiti si scavalcavano vicendevolmente per accaparrarsi più cibo con conseguenti litigi e risse. L’amore e la benevolenza di questa famiglia di colombiani insediati a Barcellona, con il tempo ebbe la meglio sulle differenze: riuscì ad unificare gli animi sotto uno stesso tetto fatto di riconoscenza. Il Comedor Social del Raval si sta facendo sempre più famoso, ma insieme ai numeri aumentano anche le spese … per questo motivo si ricerca l’aiuto da parte di chiunque: organizzazioni e persone comuni che vogliano aiutare anche solo “aggiungendo il loro piccolo granello di sabbia”.
Quando le persone credono davvero in una buona causa succede sempre che nascono idee sempre più belle, sempre più forti: così è accaduto con la nascita di Amor Gratis, un gruppo musicale di cui fa parte lo stesso Juan che si impegna “a far conoscere Dio e ad intromettersi nella società con gesti concreti che trasformino la realtà negativa di molte persone“. Negli ultimi mesi i servizi del Comune di Barcellona e di alcuni mezzi di comunicazione come la rete televisiva Telecinco hanno riconosciuto il lavoro umanitario dell’organizzazione della famiglia di Juan.