A metà

Mai come in questo periodo mi sento a metà, perché durante le feste di Natale sono stata fisicamente divisa tra la Spagna e l’Italia, tra Barcellona e la mia piccola città, tra la mia piccola città e Milano, tra casa mia, casa di amici, case di cura, hotel in montagna, casa della nonna.

Per una serie di ragioni mi sono trovata a prendere un aereo il sabato e per poi riprenderlo la domenica: tornare a casa due volte in due giorni è una sensazione stranissima, soprattutto il sentirsi a casa ugualmente in due case distanti un bel po’ di chilometri. La prima volta “in patria” dopo 4 mesi è stata alienante: la gente intorno a me parlava solo italiano, con un marcato accento dialettale per di più (quel bel piacentinasso che rende proprio l’idea di come stanno le cose). Non sapevo più approcciarmi al cameriere, al quale mi veniva da pedir la cuenta, por favor. Mi sembrava tutto lento, bigio, tranquillo, silenzioso. La mia casa mi è parsa così enorme, solida, pulita, estranea. Quando la domenica notte ho trascinato nuovamente il mio valigino nel mio piso en el entresuelo de una calle en Barcelona, ho tirato un respiro di sollievo.

Sono poi ritornata nella mia casa italiana per una settimana intera e il primo giorno mi sono dimenticata il posto delle cose. Per non parlare poi dell’automobile! Se prima ero sempre con le chiavi della macchina in mano, ora semplicemente la sta usando qualcun altro. Perché quando vai via da casa tua, che sia all’estero o che sia in un’altra città, il mondo continua ad andare avanti senza di te. Le abitudini mutano, le persone si adattano, la polvere viene pulita ma gli oggetti vengono spostati. Per quanto tu possa pensare alla tua famiglia e ai tuoi amici come “congelati” nei tuoi ultimi ricordi, loro continuano a muoversi e lo fanno anche senza di te, perché tu non sei il centro del mondo. Possono dirti che ti amano, che ti vogliono bene, possono raccontarti la loro giornata, ma tu non potrai mai essere parte delle loro esperienze quotidiane, quelle piccole, noiose e apparentemente insignificanti. Possono organizzarti una festa a sorpresa prima di partire, possono riempirti di regali, possono dirti che gli manchi e farti una grande festa quando ritornerai … ma andranno comunque avanti senza di te.

E’ stato bello non fermarsi mai, ma farlo sempre accompagnata da qualcuno: la cena della Vigilia tutti insieme come se nulla fosse cambiato, la visita alla zia, alla nonna, la giornata al cinema, i due giorni in montagna, la colazione con le amiche di sempre, quelle che ti accompagnano in un negozio e ti aspettano fuori dal camerino mentre tu ci metti 4 ore a toglierti piumini e maglioni per provarti un vestito. Senza rendermene conto mi sono riadattata alla mia vecchia routine, come se non fossi mai partita, come se in questi ultimi 4 mesi fossi stata sempre lì, nel mio posto di sempre.

L’ultimo dell’anno l’ho passato a Barcellona, con gente semi-sconosciuta. Amici di amici, turisti italiani nella città che promette divertimento a ogni ora e in ogni data. E il 31 dicembre 2015 è stato tutto perfetto: cena azzeccata, gustosa ed economica, brindisi davanti a La Sagrada Familia, open bar con musica e gente super animata in un barettino allegro e familiare subito dopo. Ma io volevo essere da un’altra parte. Pensavo alle mie amiche, alla cena che hanno organizzato insieme, al fatto che nessuno dei miei commensali mi conoscesse davvero, anzi praticamente non mi conosceva per nulla. Volevo andare a casa, ma senza offendere nessuno, perché semplicemente mi andava di stare un po’ da sola, guardarmi un film, dormire, non pensare a nulla. Non mi è mai piaciuto l’ultimo dell’anno e non mi sorprende che anche questo sia andato così.

Il giorno dopo è un nuovo anno e tutto è così tranquillo da sembrare più chiaro. Adoro il dolce far niente del primo gennaio, il rimanere a letto fino a tardi e il mangiare ad orari improbabili. Fare i turisti in compagnia in una Barcellona deserta ti dà una sensazione di pace: cammini lentamente, giocando a riesumare aneddoti della sera passata, osservi i locali chiusi, la gente rilassata, cerchi una porta aperta dove rintanarti e quando la trovi non t’importa di come siano i prezzi o la qualità del cibo, perché già ti senti un dio per averla varcata. Ridi e scherzi e senza rendertene conto ti sei già messo d’accordo per la colazione del giorno successivo, perché “dovete assolutamente provare la brioches al the verde dei giapponesi” e “poi dobbiamo andare alla Boqueria. Ti accorgi che, anche se il tuo senso dell’orientamento è e resterà sempre pessimo, sai un sacco di cose della città e cominci a esaltarti nel raccontarle. Le altre persone ti fanno notare di quanto tu sia fortunato e nei loro occhi leggi anche un po’ di ammirazione, più che invidia. Immancabile è poi la domanda riguardo al futuro “ma quindi per quanto ti fermi?”, “ma ti piacerebbe di più tornare o rimanere?”, “ vivrai qui per sempre?”. Come biasimarli, probabilmente faresti così anche tu al loro posto. La risposta, come la domanda, è sempre la stessa “non lo so” e se sei in vena ci piazzi anche un po’ di ironia.

Il fatto è che quelle domande entrano ed escono dalla tua testa ogni giorno, nei momenti più quotidiani della tua nuova routine. Ciò che loro manca è la consapevolezza di quanto vivere all’estero sia molto più difficile a dirsi che a farsi, perché il difficile non è il partire, quanto la presenza altalenante della sensazione di vivere sospesi. Dopo un po’ di tempo impari a conviverci, rimanendo a metà tra l’esaltazione di vivere questa esperienza e la nostalgia di casa. Impari a godere i momenti con più semplicità, ridendo di quello che ti succede, approfittando delle occasioni che ti si offrono davanti al cammino e delle persone con cui parli e mangi insieme, con cui mai avresti avuto il piacere (o il dispiacere) di uscire se non avessi fatto QUELLA scelta.

La grande bellezza della tua condizione è proprio data dalle possibilità che ci sono quando sei sospeso: puoi fare quello che vuoi, scegliendo di rimanere fedele ai tuoi valori. Puoi rimanere, ritornare, pensare a te stesso o pensare agli altri, pensare in grande o pensare in piccolo … ma sempre scegliere.

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