stazione treni piacenza

La vita ai tempi del Coronavirus: i lati positivi

È passata una settimana dalla travolgente ondata di panico che in Italia – specialmente nella mia zona – ha bloccato l’economia, congelato l’istruzione, paralizzato la cultura, fermato attività sportive e impedito qualunque occasione di festa. Personalmente, sono due giorni che non mi tengo più aggiornata sui numeri dei contagiati (o dei decessi) per Coronavirus e forse sbaglio, ma mi sono resa conto che ne andava della mia salute mentale.

supermercati vuoti
A sinistra il reparto della pasta, a destra quello delle bottiglie d’acqua – Supermercato Lidl Piacenza

Mentre mi trovavo nel supermercato dove sono solita fare la spesa – circondata dal deserto del Sahara (sia per quanto riguarda i prodotti, sia i clienti) in un’orario che normalmente è di punta – ho deciso di ricacciare giù quella sensazione di desolata agitazione che sentivo nascermi dentro per chiedere a una commessa: perché?

È stato a partire dalla sua risposta che ho deciso di smetterla di preoccuparmi per niente. Il principale fornitore del supermercato, infatti, si trova in zona rossa, per cui ci sono verificate difficoltà nel rifornimento di alcuni prodotti. Punto.

I lati positivi dell’epidemia

Certo, può sembrare un po’ azzardato parlare di positività quando si tratta di malattia, ma sono convinta che – quando non si possa dare un contributo concreto come quello fondamentale del personale medico – essere negativi non può che aggravare la situazione. E allora, indossiamo gli occhiali a lenti rosa e azzurre con montatura a stella e cominciamo a guardare i lati positivi di tutto questo.

Selezione naturale

Beh, diciamo che come sociologa breve non posso che osservare con curiosità come si muovono le comunità intorno a me. Questo Coronavirus (come secondo me spesso fanno i social media) ha tirato fuori la vera indole delle persone. Come si è comportato il vostro capo in questa situazione? E i vostri famigliari? E i vostri amici? Quello che davvero pensano riguardo ai valori della vita, ve lo hanno servito su un piatto d’argento. Ora avete l’opportunità di analizzarlo, trarne conclusioni e prendere decisioni di conseguenza. Io per esempio mi sono accorta di quanto è bello passeggiare nelle strade silenziose, con poca gente che va tranquillamente in giro (perché tutti gli altri, dopo aver svaligiato i supermercati, se ne stanno serrati in casa con la tv accesa e Facebook sottomano).

Le aziende si innovano

A pochi mesi dalla pensione, mio padre ha sperimentato per la prima volta il cosiddetto smart working. Era la persona più esaltata del mondo e, felicemente stupito, ha detto a mia madre: “riesco a fare tutto quello che facevo in ufficio!”. Devo aggiungere altro?

Sentirsi meno soli

Il fatto che molte persone in questa settimana si siano ritrovate a lavorare da casa, mi ha fatto sentire finalmente meno strana in una città provinciale dove questa modalità di lavoro non è per niente comune. Mentre facevo le mie cose seduta al tavolo della mia cucina, pensavo “molti concittadini stanno facendo lo stesso oggi”. Spero tanto che, dopo questa esperienza, le aziende possano rendersi conto che – con gli strumenti tecnologici che abbiamo a disposizione ormai da un po’ – il lavoro da remoto non solo è possibile ma rappresenta spesso anche un’ottimizzazione produttiva.

Mi sento in dovere di scrivere anche un paragrafo che sposta il riflettore sulla situazione dei freelancers come me. Vorrei segnalare a quanti di voi sono liberi professionisti che ACTA, l’associazione dei freelance, ha avviato un questionario per registrare la situazione del lavoro indipendente in questo momento eccezionale, per fare le dovute segnalazioni al governo. Io lo faccio subito

La solidarietà

Questo è sempre l’aspetto migliore di tutte le situazioni di disagio, perché la solidarietà emergerà sempre, contrastando la forza dell’egoismo e della paura. Nella mia esperienza, l’ho sperimentata a bordo di un treno di ritorno da Genova, dopo un’odissea trenitaliana che non vi sto a raccontare. Mi sono ritrovata a essere una sconosciuta in macchina con altri sconosciuti, che mi hanno accompagnata a casa sana e salva.

Ma la solidarietà non è soltanto quella tra concittadini o connazionali. I miei studenti stranieri, preoccupati per le funeste notizie provenienti dall’Italia, mi hanno proposto di inviarmi pacchi di cibo dall’Inghilterra e persino dagli Stati Uniti. Uno di loro, invece, ha deciso di regalarmi una risata che mi ha fatto iniziare la giornata con il piede giusto: si è presentato alla nostra video-chiamata settimanale su Skype indossando la mascherina per evitare il contagio. L’umorismo inglese ci salverà tutti.

Una nuova lentezza

Qui è tutto fermo, come vi ho detto nell’introduzione. Le uniche cose che si possono fare è stare in casa (a lavorare o a cucinare), andare al supermercato, tornare a casa. Questa nuova lentezza è molto bella. Non bisogna correre da una parte all’altra e stressarsi negli ingorghi del traffico cittadino; inoltre, viaggiando in bicicletta si può respirare aria meno inquinata e si corrono meno pericoli in strada.

lati positivi stare in casa
Buslan, ciambella piacentina cucinata durante questa settimana di reclusione e in mancanza del corso di dialetto piacentino, annullato.

Ogni lasciata è persa

E poi ci sono sempre i migliori. Quelli che hanno capito tutto dalla vita. Come quel signore che finalmente è riuscito a trovare un tavolo libero nel ristorante più famoso della città, dove solitamente si viene rimbalzati perché è tutto pieno. Mi tolgo il cappello.

Aggiornamento: sono cambiate tante cose da quando ho scritto questo articolo. Ecco cosa è successo:

#RossaDiSera (qui le Testimonianze)

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.